Diario di Bordo (Agosto 2021)
Noi, un gruppo di nove temerari ed un cane. Salpati da Spezia alla volta di un viaggio così denso e salmastro da potersi definire un’impresa. I mezzi : tre gozzetti a vela latina, adottati e restaurati dai giovani dell’Associazione, e una lancia di appoggio degli anni 60, tutti esclusivamente in legno.
La navigazione verso la prima tappa, Corniglia, è stata fatta a motore, a causa del vento, debole, contrario; la parte più ostica è stata uscire dal Golfo, poiché, nonostante non ci fosse vento, le onde dei motoscafi fermavano inesorabilmente la corsa della flotta, a volte anche pericolosamente (primo appunto: ricordarsi di non navigare nel Golfo il fine settimana). Ma una volta superate ‘le rosse’ il morale degli equipaggi si è ripreso anche grazie al supporto di chi, alla nostra prima meta, ci stava aspettando. Due gozzi grazie al supporto del proprio (piccolo e rumoroso) motore e il terzo, sprovvisto, a rimorchio della lancia, sono arrivati giusto in tempo per godersi un tramonto da cartolina, attesi da un vero e proprio comitato di accoglienza. L’associazione Uniti per Corniglia si è fatta portavoce della nostra “impresa” in loco, così abbiamo ricevuto il supporto logistico (e anche tecnico, qualcosa da imparare c’è sempre) del circolo dei pescatori La Marina, Discovercorniglia ci ha postato e ripostato come fossimo veri vip in visita a Corniglia (evviva le realtà che ritengono l’aspetto culturale prezioso anche nell’era del superfluo) e la Paola Gallobalma che ci ha aspettato sotto il sole con il suo obiettivo in mano e che ha colto il nostro entusiasmo anche quando di sole ormai non se ne vedeva che uno spicchietto.
Perciò arrivati, accolti, sistemati, morali alti e pronti a passare insieme, gozzovigliando, la prima serata e nottata.
Sulla lancia abbiamo approntato una cucina a gas, un lavandino e un frigo (residui di un camper), stivato in quattro grosse casse stagne cibo, stoviglie e vestiti, cosí abbiamo sopperito alle necessità primarie. Mangiare e dormire. (…continua)
L’argomento “gabinetto” è chiaramente stato esaurito grazie alla presenza di locali pubblici nei luoghi visitati.(secondo appunto : installare un bel gabinetto sulla barca appoggio. Cambia la vita). La prima serata è filata liscia, abbiamo fatto un bell’aperitivo con salame e parmigiano che ci ha portato un Socio da Parma, Alessandro, il quale, a bordo del suo gozzo ci ha scortati fino a dopo Portovenere.
Dopo una pasta e aver lavato i piatti, abbiamo iniziato ad approntare i nostri giacigli, le cuccette, gli angolini insomma dove avremmo passato la notte. Alla fine qualcuno ha dormito sulla barca appoggio e qualcuno a terra si è riparato dall’umidità e dalla luce con una vela di ricambio. Il risveglio all’alba ci ha dato l’energia per affrontare la scalinata che porta al paese, e gustarci la meritata colazione.
Dobbiamo assolutamente parlare dei “destrieri” che hanno trasportato i nostri eroi in questa impresa. Per prima la barca appoggio. Il Vernazza, lungo quasi 10m, ha navigato in lungo e in largo nelle acque del Golfo e delle Cinque Terre. Come battello porta persone, barca diving, spola tra Portovenere e Palmaria, supply per le crociere… In mogano, costruita dal cantiere Ippolito a Livorno, fa fino a 8 nodi senza provocare neanche 5 cm d’onda. (terzo appunto: chiedere ai nostri ingegneri come sia possibile che le barche di adesso, anche più piccole, a 5 nodi alzino un metro d’onda).Per lei è previsto un restauro della coperta sostanziale, un supporto fotovoltaico, e il sogno nel cassetto, il motore elettrico.
Approdo su Manarola. La navigazione da Corniglia a Manarola è stata occasione per una bella veleggiata, assetto degli armi e bagno a Palaedo, lo scalo del paese che si affaccia a ponente. Il preferito da quelli che volevano stare un po’ in disparte negli anni passati. Allo scalo di Manarola siamo arrivati alle 19.oo, in tempo per fare un bagno e goderci il tramonto. In paese, l’associazione dei pescatori e il Comune di Riomaggiore, hanno permesso di mettere i nostri gozzetti proprio nello scalo e Vernazza, la barca appoggio, alle boe appena vicino. I gozzetti illuminati dalla luce nel buio dello scalo sono stati occasione di viavai costante da parte di turisti e paesani. Abbiamo colto l’occasione di stare così vicini al paese per gustarci un aperitivo e una cenetta a terra; nella seconda parte della serata abbiamo ricevuto in dono una bottiglia di “Rinforsá” e una di Sciacchetrà. Se non è gozzovigliare questo… La notte è passata tranquilla, ma, visto il meteo, il risveglio è stato condizionato dalla necessità di ridossare il prima possibile dentro il Golfo.
Torniamo ai nostri destrieri, per parlare di Barbara un gozzo sciallino di 4,70m in mogano, costruito negli anni 60 a remi. Successivamente approntato il motore entrobordo e una modifica nella coperta. Solo recentemente le è stato messo un albero e l’armo latino. L’associazione ha compito su di lei un restauro sostanziale, sostituendo le ossature “stanche”, ricalafatando lo scafo, riportando la coperta al layout originale e modificando il piano velico per rendere la barca più efficiente. Purtroppo ci sono pochi sciallino in legno ancora naviganti e vedere la nostra Barbara così in ordine fa bene al cuore.
La sera a Manarola si conclude con un ragazzo di Corniglia (ma anche di Manarola….eh, si capita…) che ci dice, bottiglia e bicchieri in mano, “non sono riuscito a venire ieri a Corniglia…” Apprezzato, non poco! La navigazione verso Spezia è avvenuta a motore, zero vento e onda in aumento sensibile. Abbiamo impiegato circa un’ora e mezza, ma è stata, come sempre piacevole, onda lunga in poppa che si è intensificata nei pressi di Portovenere. Purtroppo per noi è aumentato sensibilmente anche il numero di motoscafi, che se ne infischiano delle regole e del buonsenso nautico e siamo stati costretti a ridossare il più possibile e buttare l’ancora. Non potendo permanere a bordo dei gozzetti (che non si sono ribaltati per buona costruzione) ci siamo trasferiti a bordo del Vernazza, più grande, per pianificare il proseguimento della carovana.
L’idea della crociera nasce dai racconti del proprietario di un altro dei prodi gozzetti. Il Nicolò Padre, cantiere Cantata di Lavagna, 4,50m, in pino, nasce, a vela, negli anni 60 e viene mantenuto come pleasure yacht dalla stessa famiglia fino ad oggi. Fino agli anni 80 la famiglia ha fatto delle crociere da Sestri Levante a Spezia con questo gozzo, e quindi in suo onore abbiamo pensato di replicare.
Purtroppo il meteo si è messo di mezzo e abbiamo dovuto ridimensionare tutto. Passato il pomeriggio tra una gozzovigliata e l’altra, verso le 19.00 Nicolò e tre avventurieri sono andati a verificare quale potesse essere la giusta collocazione. Grazie alla disponibilità degli autoctoni (sono pochi ma sanno come si fa…)ci siamo messi, ancora e poppa sugli scogli, in un angolo dell’isola generalmente non occupato da barche. Le nostre sono piccole, pescano poco, e soprattutto sono belle. Ma belle, belle. Vernazza ci segue e trova un posticino all’ancora poco distante. Un’ottima pasta con i muscoli, due chiacchiere e tutti a dormire. Tutti sulla lancia appoggio poiché sull’isola è vietato il bivacco.
La Piccola Carovana Gozzovigliante quindi arremba la Palmaria, ma non tutto va per il meglio. Qualcosa deve andare pur storto, nel nostro caso Guido ha perso in mare gli occhiali, da vista, multifocali, fotocromatici…insomma abbiamo provato a ripescarli. Messo un pedagno per ricordare la posizione, una parte della carovana salpa con Nicolò Padre alla volta della sede, dove abbiamo l’attrezzatura da sub. Una bombola è piena e sufficiente per una ricerca accurata. Guido deve sbarcare per un giorno così da trovare una alternativa, onde evitare di incorrere in mal di testa e capitomboli. Al rientro dalla spedizione, il Nicolò diventa anche battello assistenza con tanto di bandierine di segnalazione. L’intrepido subacqueo ha tentato in ogni modo di trovare gli ‘specietti’ ma senza risultato, suscitando però l’interesse degli astanti (quello vale sempre). La bombola resterà a bordo, utile per il giorno seguente….
Il morale della carovana scalfito dalla sconfitta e dall’abbandono temporaneo di un membro, si è risollevato grazie all’acquisto di una buona quantità di muscoli per la sera, in fin dei conti siamo semplici…
Piccola Carovana Gozzovigliante nella fucina della tradizione, Le Grazie. La mattina in Palmaria ci regala una ottima colazione al bar con torte fatte in casa, ci voleva, anche se difficilmente questa volta il morale del gruppo sarà risollevato dalla notizia che uno dei partecipanti deve tornare presto a casa per un improvviso lutto in famiglia. Prepariamo le barche e facciamo uno scalo tecnico a Portovenere, il nostro Sam sbarca. Di contro però Guido torna ad essere dei nostri, e la carovana riprende a navigare. Si mescolano un po’ gli equipaggi ed essendoci la giusta arietta si aprono le vele. Le ragazze sono su Nicolò, che a causa della mancanza di tempo è stato dotato dell’armo di un dinghy; impegnativa la virata, impegnativa la bolina, ma avevamo vento in poppa... Uscite da una cartolina degli anni ’40 con calma e la giusta quantità di chiacchiericcio, anche loro raggiungono la baia delle Grazie. Decidiamo di ormeggiare le barche con ancora e poppa in banchina al pontile nuovo. Ottima scelta, si sta bene e il nostro arrivo anche qui desta la giusta curiosità. Ci vengono a trovare anche gli amici, qui siamo abituati ad approdare con Pandora, e ormai ci sembra normale la densità di tradizione che sprigiona. Non possiamo mancare la tappa al Cantiere della Memoria, peraltro allestita con la mostra “Stiassa” di Alfredo Bruni, accanito sostenitore della nostra associazione, e passiamo il pomeriggio a parlare di futuro con Massimiliano D’Elia che coglie l’occasione per una bella remata controvento a bordo del DoNono (la marineria è bella sempre, anche a remi, sotto la pioggia incombente).
Il DoNono è l’ultimo della spedizione, gozzo Napoletano adibito alla pesca, ora di Roberta Roccati , è stato di proprietà dall’amico Fabio Castiglia. Costruzione in pino e lunghezza 4,60m, quest’anno riceve anche lui una cura sostanziale, atta a riportarlo alle sue forme originali. In realtà la struttura era molto in ordine e sana, poiché restaurata dal mastro d’ascia Giovanni Cammarano e dal mastro Cesare Cortale, socio e pilastro tecnico dell’associazione.